Sul finire del periodo medievale si crearono molti mutamenti che veicolarono a loro volta la divulgazione di una nuova “forma mentis” e visione prospettica del mondo. Il terreno fertile per questo cambiamento furono gli intensi scambi commerciali, il confronto di culture, conoscenze, che portarono benessere economico e nuovi spunti creativi alle menti più eccelse, ampliando loro gli orizzonti occlusi sino allora, al periodo tetro del medioevo. Molte certezze come la terra piatta e circolare secondo le teorie dell’epoca… vengono ereticamente messe in discussione. Nel contesto di allora, la religione era il verbo, il dogma, il sapere erano prerogative dell’ambiente clericale, ci vollero coraggiosi navigatori, esploratori, intellettuali, artisti, per acquisire il sapere e le conoscenze che porteranno nella misura del cresciuto interesse trasversale per il mondo terreno, ad una nuova tendenza percettiva, il Realismo, espresso da un avanguardia d’eccezione: GIOTTO contemporaneo di Ambrogio Lorenzetti.
La pittura così come tutte le arti, era considerata un’attività puramente artigianale.
I pittori non riconosciuti come “artisti” venivano chiamati per committenza da persone ricche, altolocate o istituzioni a realizzare opere (per l’epoca lavori) su precise disposizioni sui contenuti e persino i termini di consegna di essi, alla stregua di qualsiasi artigiano dell’epoca. Solo verso il 1300 i talenti dell’arte iniziarono lentamente ma inesorabilmente a ritagliarsi una propria libertà creativa con la conquista di scegliere in modo autonomo non solo il tema dell’opera, ma anche quale significato attribuire ad essa. In quel periodo sicuramente rivoluzionario per l’arte, i pittori seguendo il vento del cambiamento, iniziarono a sviluppare nuovi metodi di raffigurazioni prospettiche allontanandosi dai cliché rappresentativi medievali sacri in favore (seppur progressivamente) di rappresentazioni iconografiche mondane. Nella sperimentazione e ricerca continua delle fervidi mente creative, i geni artistici dell’epoca riuscirono gradualmente ad affrancarsi dalla nomea di “artigiani” conquistandosi finalmente il diritto di esprimersi artisticamente.
Il Realismo come principio
L’opera affresco Compianto Cristo morto del grande Giotto dipinta attorno al 1304 (Cappella degli Scrovegni all’Arena Padova) fu realizzata quando i lavori richiesti dai committenti, per lo più ricchi signori, figure rappresentative del clero o istituzioni, riguardavano realizzazioni create su altari e pareti delle chiese, con l’intento di avvicinare il popolo (nella maggior parte analfabeta) agli episodi dei testi biblici.
Oggi sarebbe impensabile ma, nel Trecento, un artista italiano poiché paragonato ad un artigiano che eseguiva lavori su commissione, dipingeva opere omologate ad una moltitudine di regole conformate alle icone del Nuovo ed Antico Testamento. L’impostazione del dipinto seguiva scrupolosamente una prospettiva gerarchica secondo la quale l’importanza delle figure era pari alla loro importanza. Una raffigurazione naturale, reale, determinata da un impressione visiva, non era usuale. Il Divino, rappresentazione dominante dell’espressione pittorica di allora, era presentato nella trasfigurazione ultraterrena, la cui grandezza tendeva ad essere simboleggiata da una profusione radiosa su sfondo dorato.
Giotto, iconoclasta per l’epoca, introdusse una forma di realismo che allineava sullo stesso piano uomo, spazio e fondale scenico: Nel suo affresco Compianto sul Cristo morto le figure non hanno più fattezze stereotipate secondo gli schemi del Trecento ma esse sono esaltate singolarmente nelle loro espressioni quali la misericordia, la passione, la sofferenza, così come il fondale non è la classica icona dorata ma l’innovativa per l’epoca raffigurazione di un paesaggio dotato di una propria relazione spaziale. La sua innovativa concezione pittorica gli valse la celebrità anche in vita.
Nel testo della Divina Commedia, scritto in volgare fiorentino anziché nell’usuale latino ecclesiastico, Dante Alighieri canta le lodi dell’allievo del grande Cimabue, sino ad allora dominus incontrastato della scena artistica: “Credette Cimabue ne la pittura-tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,- si che la fama di colui [Cimabue] è scura [Purgatorio, XI, 94-96 ].
Ambrogio Lorenzetti
Vi fu un altro grande artista dell’epoca contemporaneo di Giotto che approcciò il realismo visivo nei dipinti: Ambrogio Lorenzetti. Con predilezione per il dettaglio narrativo, egli per il Palazzo Pubblico di Siena, crea e dipinge una veduta della sua ricca e prosperosa città.
Il suo stile figurativo, si distingue nettamente dalle composizioni Giottesche anche se si ritiene che Lorenzetti, conoscesse molto bene le regole base della raffigurazione spaziale.
Nel dipinto “Effetti del buon governo” la piazza in primo piano è vista come linea primaria mentre l’architettura a piani sovrapposti, conferisce la profondità prospettica.
La prospettiva sarà il fulcro dell’arte a venire.
Ambrogio Lorenzetti
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